Sindrome Italia. O delle vite sospese


Sindrome Italia. O delle vite sospese racconta l’esplosione della malattia, di una vita sospesa fra un passato di ricordi sbiaditi e un futuro solo immaginato, in un presente vissuto come “qualcosa che permette qualcos’altro”. Racconta il bisogno d’amore, un bisogno disperato di aggrapparsi per non essere più soli. Racconta l’incapacità di reagire, di “balzare fuori dal pentolone con un forte colpo di zampa” e tornare alla vita.

Dieci anni sono racchiusi in una lettera, quella che Vasilica scrive ai propri figli per raccontare il tempo che li ha tenuti lontani, il perché di una partenza verso un paese straniero, la terra promessa dei pettegolezzi di campagna. Sola in quella terra, chiusa nelle loro case, si è presa cura di persone straniere, estranee, così come lei è ora estranea a sé stessa, estirpata alla radice. Dall’Italia alla Romania passando per Palermo e Milano, Sindrome Italia è il racconto di un ritorno, delle cicatrici della migrazione, di una femminilità in lotta, è la storia di una e insieme di moltissime donne, le nostre “badanti”.

di e con Tiziana Francesca Vaccaro

musiche originali Andrea Balsamo

visual concept e luci Eleonora Diana

illustrazione Elena Mistrello

in collaborazione con Qui e Ora Residenza Teatrale

con il sostegno di Officine Papage, Trac-Centro di Residenza Pugliese / Bottega degli Apocrifi-Manfredonia,  r-Esistenze (RC) / DRACMA teatro

Vincitore del premio della critica Ermo Colle 2022

Vincitore sezione drammaturgia – Teatro Donna XVI edizione del Concorso Europeo per il Teatro e la Drammaturgia Tragos 2021

Secondo selezionato Premio Ipazia per la Drammaturgia 2019


Dicono di noi #

Giusy Arimatea / Le conseguenze del teatro

Tiziana Francesca Vaccaro ha dapprima scavato nella vita delle donne cui si ascrive la sindrome che dà il titolo allo spettacolo e che colpisce solitamente le badanti dell’Est Europa al ritorno nel loro Paese dopo anni di lavoro trascorsi in Italia, quindi ha riversato sulla carta quel fiume incontenibile di parole per accogliere e delimitare le quali solo il teatro, certo teatro, può costituire il più felice alveo. 

​​Nel luogo della finzione per eccellenza irrompe dunque la realtà, la più cruda, quella innanzi alla quale ci si vorrebbe girare dall’altra parte. E rompe gli argini dell’io attorno cui ruotano le nostre esistenze, per catapultarci nel mondo che entra nelle nostre case e del quale non ci siamo mai veramente accorti. Quello è il mondo di donne sospese tra il passato, il presente e un futuro persino difficile da immaginare. […]

Quando Vasilica ha bisogno di tornare indietro perché non sa più andare avanti, quando i luoghi del ritorno sono i luoghi sconosciuti che l’inclemenza del tempo ha stravolto, quando il respiro c’è, deve esserci, eppure Vasilica non riesce più a sentirlo, allora esplode la sospensione di un’esistenza che il teatro può permettersi di sussurrare. Poi, nel tragitto che compie dalla scena allo spettatore, il dramma può ammutolirsi e spegnersi, o può scegliere di urlare. Nell’urlo si compie il miracolo del teatro che guarda in faccia la realtà e prova a scuotere le coscienze.

Danilo Caravà / Il teatrante

Il personaggio non è sotto, o sopra, un secchio, è in tutti noi, nel senso di estraneità al mondo che ci circonda, che a volte ci fa sentire proprio come lo Straniero, il protagonista del romanzo di Camus. E quando la voce dell’attrice comincia a graffiare, quando i fonemi diventano pietre che fanno rumore quando cadono, eccome se lo fanno, allora si comprende quanto la vita abbia urgenza di ritrovare se stessa, quanto si abbia bisogno di non perdere continuamente terreno, di trovare un pavimento di certezze su cui camminare, che sia più solido del terreno che ci manca sotto i piedi. 

Questo monologo ricorda quanto sia unico e meraviglioso il racconto di un’anima, di quella piccola grande cosa che abita il corpo, e cerca di essere, e cerca di dirsi nel mondo. […]

Tiziana F. Vaccaro, autrice anche della drammaturgia, è una di quelle attrici che si fa passare il testo dal ventre, nella carne, e poi lo fa trasudare da ogni poro. Diventa tanti personaggi senza smarrire per un attimo il filo di Arianna del monologo. I vestiti bagnati sono, in realtà, impregnati di vita. Umide sono le lacrime, umido è il sudore, umida la fatica. Che sfiancante ginnastica del cuore, mentale e spirituale, compie l’attrice nel dipanare dal rocchetto del proprio corpo questa meravigliosa storia. Alla fine guarda il pubblico regalando un gesto potente, un umile, gentile, sorriso che non può che trascinare la platea verso un forte applauso.


♥ Info


Prosa / Monologo

Italiano / 60 minuti

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☉ SCHEDA ARTISTICA

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